La domanda è semplice. La risposta, tuttavia, genera sempre qualche imbarazzo in chi deve pronunciarsi. Ci si accorge così, nel momento stesso in cui si cercano le parole adatte, che camminare è qualcosa che va ben oltre un semplice atto fisico e non riuscire ad esprimere tutto quell’insieme di emozioni e sensazioni che ci pervadono mentre lo facciamo, ne è la dimostrazione.
La montagna è il luogo privilegiato in cui spesso scelgo di muovermi e di farmi attraversare. Senza il bisogno di elevarmi sopra a qualcosa, quanto piuttosto di allontanarmene, in montagna cammino spesso da solo trovando più facilmente le risposte che sto cercando.

Cammino per gratitudine.
Nei confronti della vita e del tempo che mi è concesso. Per le cose belle e quelle che, meno belle, hanno fatto di me la persona che sono oggi.
Così, ogni volta dico “grazie“. Lo faccio davvero! Mi fermo, apro le braccia, rivolgo lo sguardo all’insù e ringrazio. Cosa o chi proprio non lo so. Ma ringrazio!
Cammino per sentirmi piccolo, minuscolo, insignificante.
Cammino, per assurdità, per sentirmi vasto.
Questo mondo è una meraviglia. Non c’è niente da fare, è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia – ma non tu, con i tuoi due occhi e i tuoi due piedi; se Tu, questa essenza di te, sente d’essere parte di questa meraviglia – ma che vuoi di più, che vuoi di più? Una macchina nuova?
Tiziano Terzani
Cammino per avvicinarmi a qualcosa.
Per scoprire che oltre a quello che vediamo esiste un’energia potente che, per convenzione, potremmo definire “divina“.
Perché quello che vedo dinanzi ai miei occhi è quanto di più simile al Paradiso possa esistere. Se è vero che esiste il divino, eccolo lì di fronte a me.

Cammino per sentirmi precario, di passaggio.
Nel camminare, pervaso di tutte queste sensazioni, pensi alla vita e pensi alla morte (di cui non ti è concesso discutere con nessuno). Precario e di passaggio senti intorno a te una potenza in grado di spazzarti via come niente. A quel punto anche prudenza e paura diventano tue compagne di viaggio.
Cammino per faticare.
Fatica che riconduce il mio corpo al “qui e ora”, concetto orientale in cui passato e futuro non esistono perché esiste solo il presente.
Cammino perché sono fortunato.
Cammino per sentirmi libero.
E tu, perché cammini?
Camminiamo per imparare di più, per sconvolgerci, per esplorare, per visitare le brutture della vita. Per portare a esse un soccorso. E’ quindi un meditare coraggioso, una sfida verso se stessi.
Duccio Demetrio (Filosofia del camminare)